Nella primavera del 1975 gli proposi, di andare a Roma per l’Anno Santo, ed ancora una volta accettò di buon grado. Partimmo col primo aereo, di buon mattino, assieme a mia moglie e rientrammo nel tardo pomeriggio.

Una pioggia continua ed un freddo pungente ci accompagnarono per l’intera giornata. Mia moglie ed io avevamo di che coprirci mentre Fra Nazareno non volle neanche ripararsi sotto l’ombrello: camminava tranquillo a fianco a noi sotto la pioggia, con i piedi nudi, indossando i soli sandali. Era edificante vedere con quale devozione l’amico Frate visitava le basiliche romane. In un ristorante vicino alla stazione Termini consumammo l’unico pasto alle ore 13. Riuscii però a fargli mangiare soltanto una bistecca con un po’di insalata cotta: “Non vuole altro?”- gli dissi. “Ma oggi per me è pranzo da signori”, mi rispose sorridente. Alla fine del pranzo tirò fuori dalla bisaccia una piccola bottiglietta di vetro e mi disse: “… Con l’umidità di oggi ci vuole un goccio di questa acquavite, assaggiatela e vedrete come prosciuga la gola”. Lui stesso, ci fece compagnia gustando un po’del liquore sardo. Con semplicità francescana offrì l’acquavite anche al cameriere che cominciava a sparecchiare: questi la bevve volentieri e dopo qualche minuto si avvicinò un cliente che sedeva nel tavolo accanto, chiedendo l’acquavite speciale di cui gli aveva parlato il cameriere; se ne avvicinò quindi un altro… con la medesima richiesta finché la boccetta non fu vuota… “Mi dispiace, non ce n’è piu” – disse Fra Nazareno.

Nel visitare l’ultima delle basiliche a S. Lorenzo fuori le mura, l’amico Frate mi disse: “Sono contento di essere venuto per l’anno santo… sa, dottore, questo è l’ultimo per me!”… “Ma lei ha appena 65 anni, tra 25 (il prossimo anno santo) ne avrà 90, quindi potrebbe essere ancora qui” – risposi. “No, no, io non sarò vivo a quell’età” – mi interruppe deciso – ed aveva ragione!

Nel luglio 1977, con la formazione delle nuove famiglie dei Cappuccini, Fra Nazareno venne assegnato al Convento di Sorso in provincia di Sassari, distante oltre duecento chilometri da Cagliari. Fu un “colpo” per chi lo conosceva e lo frequentava: “Ma come?” – si diceva – “Un Frate che fa del bene, che è cercato da tanta gente che soffre e che in lui trova conforto, con tanti ammalati che aspettano una sua visita, un Frate in età così avanzata (aveva infatti allora 65 anni), viene mandato improvvisamente così lontano?!”.

La nuova assegnazione non turbò invece, almeno apparentemente, il nostro Frate. Per lui si trattava solamente di adempiere al voto dell’ubbidienza: per il resto, svolgere l’apostolato a Cagliari, a Sorso, o in qualsiasi altra parte, non cambiava molto. Alla piccola folla che si era radunata nel piazzale del Convento a Cagliari, per salutarlo alla sua partenza e che gli si stringeva attorno toccandolo, tirandogli la tonaca e chiedendogli una preghiera, lui dispensava soltanto sorrisi, parole di conforto ed inviti alla preghiera… “Preghiamo tutti il Signore, coraggio!!”… “Statevi bene, vi benedica il Signore!”.

A Sorso, contrariamente alle aspettative, Fra Nazareno rimase per anni, come questuante. In quel Convento, con pochi frati e con maggiore disponibilità di locali, poté utilizzare una stanza idonea e appartata per ricevere le persone, senza recare intralcio al normale svolgimento della vita conventuale.

Il suo apostolato non subì alcun rallentamento, in primo luogo perché gli abitanti di Sorso ebbero subito modo di “accorgersi “del nuovo fraticello e poi perché dalla città di Cagliari e dintorni non persero tempo ad organizzarsi per andare a trovarlo. Ogni tanto faceva una breve visita a Cagliari, debitamente autorizzato dal Superiore, ma con regolarità dalla città andavano in molti da lui; si vedeva ogni tanto un pullman che da Sarroch, ad esempio, portava 50/60 persone a Sorso: i contatti con il campidano di Cagliari si erano così subito ripristinati.

Andavo saltuariamente a trovarlo e trascorrevo con lui alcune ore di serenità, godendo anche della fraterna accoglienza che tutti i frati di quel Convento mi riservavano e con i quali consumavo anche il pasto del mezzogiorno, preparato dal nostro Frate che in quel periodo dava il suo aiuto anche in cucina.

Anche dal mio paese, quando vi andavo in vacanza e che dista da Sorso circa cento chilometri, raggiungevo con la famiglia Fra Nazareno, il quale ricambiò una volta la visita per conoscere i miei congiunti. Quando non andavo a trovarlo di persona, lo contattavo telefonicamente nel tardo pomeriggio, ogni giorno e sempre alla stessa ora.