II rito iniziò con la messa del Papa. Dopo la lettura del Vangelo, l’Arcivescovo di Cagliari, Monsignor Alberti, presentò umile richiesta perché fra Nicola da Gesturi, religioso professo dell’Ordine dei Cappuccini di Sardegna, venisse proclamato “beato”. Alla richiesta rispose il Papa, soIennemente: “Vogliamo che fra Nicola sia venerato come beato …”. Un forte applauso suggellò le parole del Pontefice e lo scoprimento del ritratto del frate sorridente sulla facciata della basilica di san Pietro. Fu quello il momento ln cui mi parve di svegliarmi da un sogno: come se tutto ciò che avevo visto fino a quell’istante nella grande piazza fosse stato un film, una scena irreale fatta di presenze, di fantasmi rivestiti di bianco, di nero, di rosso o di marrone, che si aggiravano in un mondo di svolazzi inutili, destinati a sparire nel nulla alla fine della scena. Al contrario, le parole del Papa mi richiamarono la realtà di una presenza, quella vera ch’era dentro di me, viva e inalterata. “Fra Nicola – diceva il Papa – … uomo del silenzio, spandeva attorno a sé un alone di spiritualità e di forte richiamo alI’assoluto …, si presentava con un atteggiamento che era più eloquente delle parole: liberato dal superfluo ed alla ricerca dell’essenziale, non si lasciava distrarre dalle cose inutili o dannose, volendo essere testimonianza della presenza del Verbo Incarnato accanto ad ogni uomo …”.

Sì, era lui, autentico come il ritratto sulla facciata della basilica, ingrandimento di una delle fotografie scattate dal fotografo Bini di Cagliari, quella volta che egli riuscì ad avere il frate nel suo studio. Lo ritrasse, sorridente con gli occhi luminosi, quasi prevedendo la necessità di un “vero ritratto” da mostrare a tutto il mondo il 3 ottobre del 1999, data della sua beatificazione.
Fu quello anche il momento in cui dovetti vincere alcune perplessità che mi venivano da un fondo forse sfuocato o inquinato da pregiudizio. Mi ponevo questa domanda: “Era necessario che fra Nicola venisse promosso al “rango di Beato?”. Mi sembrava strano che io dovessi dire “Beato fra Nicola”, anziché semplicemente fra Nicola come sempre lo avevo chiamato fin dal primo momento che lo conobbi. Mi sembrava che la sua semplicità, la sua accessibilità si perdessero in complicazioni di burocrazia spirituale ed ecclesiale, sotto un manto di titoli, di venerazione di massa: lui schivo a tutto ciò che lo metteva in vista.

Poteva essere un pregiudizio il mio: ma non era facile disfarmene e dico il perché. Da giovane mi ero lasciato affascinare dalla figura spirituale di fratel Carlo De Foucauld, convertito ed eremita nel deserto del Sahara, dove venne ucciso e sepolto. Per molti versi il suo ritratto mi richiamava la presenza fisica di fra Nicola: figura essenziale nel corpo e nello spirito, vita semplicissima, vicina e allo stesso tempo distaccata dalla gente; preghiera e unione con Dio si leggevano nel suo volto, soprattutto nel suo sguardo. Un viso cotto dal sole, ascetico, rugoso: in lui io vedevo fra Nicola e in fra Nicola vedevo fratel Carlo De Foucauld. Ebbene, un giorno venni a sapere, forse conversando con un suo figlio spirituale, che la sua Congregazione non avrebbe mai istruito una causa di beatificazione del fondatore, in quanto ciò significava rispettare la spiritualità del padre, che aveva scelto di vivere come Gesù a Nazareth, nel nascondimento, preghiera e servizio. Di fatto non mi risultava, nonostante fossero trascorsi più di ottant’anni dalla sua morte, che ci fosse in corso una causa per promuovere la sua canonizzazione. Sono certamente migliaia le persone, uomini e donne, che seguono la sua spiritualità del nascondimento; sono tanti coloro che lo venerano come un santo, ma continuano a chiamarlo semplicemente e famigliarmente, fratel Carlo De Foucauld, al di fuori della complicazione di titoli o di santuari.

(Quando avevo già scritto questa pagina è arrivato “L’Osservatore Romano” del 25 Aprile 2001 con la promulgazione del Decreto riguardante le virtù eroiche del servo di Dio Carlo De Foucauld da parte della Congregazione dei Santi; quindi anche per l’eremita del Sahara è stata inoltrata la causa di beatificazione: ma chi ha preso l’iniziativa? L’Istituto che segue la sua spiritualità o un vescovo diocesano?).

Così, io pensavo – ma era solo un modo mio di pensare – sarebbe stato bello per fra Nicola: una presenza spirituale, semplice e familiare; insomma, il fra Nicola conosciuto in vita. Ma non così la pensavano gli altri confratelli, i quali, interpretando meglio di me la volontà di Dio, non si sono dati pace fino a che non hanno visto coronata la loro aspirazione di vedere il frate di Gesturi acclamato “beato” dalla Chiesa universale.

Il Papa terminava il suo discorso così: “In un mon- do troppo spesso saturo di parole e povero di va- lori, c’è bisogno di uomini e di donne che, come il beato Nicola da Gesturi, sottolineino l’urgenza di recuperare la capacità del silenzio e dell’ascolto, affinché tutta la vita divenga un ‘cantico’ di lode a Dio e di servizio verso i fratelli”.