La presenza di una persona che ti ha accompagnato durante uno o più tratti della vita, con la quale hai condiviso i diversi momenti della giornata, hai vissuto nella stessa casa, hai pregato insieme, hai conversato, hai mangiato alla stessa mensa, ti può segnare, senza che te ne accorga, per tutto il resto della tua esistenza, anche se quella persona non è più presente e non sta più al tuo fianco fisicamente, perché è morta. Si tratta evidentemente di una singolare presenza, talmente carica di spiritualità e di luce, che continua a illuminare i tuoi passi e non si cancella, neanche quando altri avvenimenti o altre persone vorrebbero sovrapporsi ad essa.

Non avviene, certamente, così con le centinaia o forse migliaia di persone incontrate nel cammino della tua giornata. Quante presenze nel tuo lavoro, al mercato, per le strade del paese o della città, in autobus, in treno, nei luoghi di ritrovo…?

Arrivato ad un certo momento del tuo cammino, guardando indietro, ti rendi conto che, tra le migliaia di presenze, la maggior parte ti hanno appena sfiorato e sono passate, perdendosi nel nulla; tante altre ti hanno marcato, positivamente o negativamente, ma il tempo ha contribuito a renderle opache e lontane: ti hanno trattenuto un po’, ma niente è restato di esse nel tuo cuore se non un certo benessere o malessere, a seconda delle reazioni che avevano suscitato in te. Così, d’improvviso, t’accorgi che intorno a te resta il vuoto di presenze: solo qualche rimasuglio o piuttosto dei brandelli di sogni, di aspirazioni, di fiducie deluse, di progetti non realizzati, dormono in un cassetto che tu non aprirai mai più: sono come i resti o gli avanzi confusi e inutili del dopo festa. L’unico desiderio può essere quello di ramazzarli e buttarli nel cassonetto della spazzatura per fare pulizia dentro di te. Forse per te che leggi le cose non stanno proprio così. Del resto, è anche vero che tu, io e gli altri siamo debitori, volenti o nolenti, a delle presenze che Dio ci ha posto a fianco quando più c’era bisogno; il fatto è che anche di queste forse non è restato molto col passar del tempo. Comunque, due presenze continuano ad accompagnarmi in questa svolta finale della mia esistenza. Si tratta di due frati. Ambedue fratelli non sacerdoti, accomunati nella vocazione e nell’impegno di vivere con coerenza evangelica e francescana la loro scelta, pur tanto diversi di carattere e nella modalità con cui perseguirono l’ideale di perfezione. Questi sono, tu lo hai capito, fra Nicola da Gesturi e fra Nazareno da Pula, Cappuccini di Sardegna.

Dirò prima di fra Nicola, sia perché è il più anziano dei due, sia perché già proclamato ufficialmente “beato” dalla Chiesa; inoltre, io ebbi la fortuna di vivere con lui più a lungo la comune esperienza di vita religiosa.

Come è riemerso il desiderio di ricordare fra Nicola? Ho detto “riemerso”, perché già da giovane, come responsabile del giornalino “Voce Serafica della Sardegna”, subito dopo la morte del frate santo, scrissi qualche “impressione” su di lui. Poi, tempi e circostanze mi portarono in luoghi e climi diversi e la sua immagine restò immersa nel fondo del mio io, resa opaca solo momentaneamente. È capitato a me, come a tanti altri, che la mattina del 3 ottobre del 1999, assistendo, attraverso la televisione, alla solenne cerimonia della beatificazione, il ricordo di fra Nicola sia tornato alla mente fresco, prepotente nei suoi dettagli, come se io avessi vis- suto con lui in convento l’anno appena passato. Mi resi conto quella mattina che la sua presenza non solo non era sparita dal mio spirito, ma che vi restava viva e inalterata nonostante fossero passati, dal giorno della sua morte, oltre quarant’anni. Stavo, dunque, davanti a quella finestra (o portone) che è la televisione, aperta anche sui conventi, per assistere, o meglio, per essere partecipe del rito della beatificazione di fra Nicola. Piazza San Pietro era gremita, come sempre in simili circostanze, di gente convenuta da ogni parte, dato che altri quattro nuovi beati venivano proclamati tali con il frate della Sardegna. Ma evidentemente la mia attenzione era richiamata prevalentemente dalla presenza di fra Nicola e dai sardi convenuti numerosi per rendere omaggio al conterraneo “nuovo beato”. C’erano tutti, ben rappresentanti la nostra Isola: chierici in rosso e in nero, frati giovani e meno, barbuti e non; politici e titolati vari si agitavano in quello scenario unico: sembrava fossero loro i protagonisti e avessero raggiunto essi l’ambito traguardo di “nuovi beati”. C’era chi leggeva e proclamava al microfono, felice di apparire almeno per qualche secondo nello schermo, o chi attraverso il cellulare intervistava qualche presunta personalità, spostandosi da una parte all’altra dello scenario. È incredibile come l’uomo sia affamato di celebrità, cogliendo ogni occasione per assaporarla anche trattandosi delle più piccole briciole.

(segue)